Mar

17

15

(DCV) ALLE SEZIONI UNITE L’ULTIMA PAROLA SUL DANNO DA NASCITA INDESIDERATA E SUL DIRITTO A NON NASCERE SE NON SANO (Cass. civ. - ORDINANZA DI RIMESSIONE ALLE SEZIONI UNITE - 23.02.2015 n.3569)

La Suprema Corte ha rimesso alle Sezioni Unite due questioni di massima importanza: 1) in cosa consista, in tema di c.d. “nascita indesiderata”, il contenuto dell’onere probatorio gravante sulla madre quanto all’accertamento di anomalie o malformazioni nel feto che l’avrebbe indotta ad interrompere la gravidanza se fosse stata informata; 2) se, nel nostro ordinamento, possa essere affermata la sussistenza di un diritto “a non nascere se non sano”, tale da legittimare il soggetto nato malformato a pretendere il risarcimento del danno a carico del medico (e/o della struttura sanitaria) che, con il suo inadempimento, abbia privato la gestante della possibilità di accedere all’interruzione della gravidanza.

Ed invero, il Collegio, con l’ordinanza 23 febbraio 2015, n. 3569 ha preso atto del contrasto giurisprudenziale che investe le due questioni, la prima sul piano probatorio, la seconda sul piano sostanziale.

Quanto al primo punto, la Corte osserva infatti che, se le pronunce sono piuttosto pacifiche nel ritenere che l’onere della prova gravi sulla donna, un primo orientamento ritiene che la prova debba limitarsi all’individuazione del nesso causale tra gli inadempimenti dei sanitari ed il mancato ricorso all’aborto, ritenendo corrispondente a regolarità causale che la gestante interrompa la gravidanza se informata di gravi malformazioni al feto (ex multis Cass. 6735/02 e Cass. 15386/11) e, conseguentemente, sufficiente la mera allegazione della volontà di esercitare tale diritto; un secondo orientamento di contro, reputa necessario che venga provata anche l’esistenza di quel grave pregiudizio psico-fisico per la madre, cui viene subordinata la suddetta possibilità di abortire, nonché l’effettiva volontà di avvalersene.

Quanto invece al riconoscimento di un diritto a non nascere (o a non nascere se non sani), osservano i giudici che, sebbene l’orientamento prevalente sembra essere quello di interpretare le norme a tutela del concepito solo in senso positivo, quale diritto a nascere sani e a non subire lesioni da parte di terzi, escludendosi, pertanto, la sussistenza di un diritto a non nascere se non sani, non può essere ignorata quella giurisprudenza che, superando la necessarietà di una soggettività giuridica del concepito al fine di poter affermare la titolarità di un diritto, riformula il risarcimento del danno spettante a quest’ultimo come risarcimento del danno derivante dal proprio stato di infermità.

Attesa l’importanza delle tematiche in oggetto, dunque, la Suprema Corte ha ritenuto opportuno richiedere alle Sezioni Unite di pronunciarsi per porre fine all’annoso dibattito.


NP
Si segnala che l’ordinanza è a Vs. disposizione e potrà essere richiesta contattando lo studio.
Sarà sufficiente aprire la pagina “contatti”.