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(DL) IL GIUDICE PUO' LIBERAMENTE VALUTARE LE CONDIZIONI PERSONALI DEL LAVORATORE AI FINI DELLA LIQUIDAZIONE DELL'INDENNITA' RISARCITORIA PER LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO (Cass. n. 7701 del 6.4.2020)

La pronuncia in oggetto prende le mosse dal ricorso di una società avverso le sentenze di merito dei precedenti gradi di giudizio censurate nella parte in cui, nel dichiarare l'illegittimità del licenziamento di un proprio dipendente, avevano liquidato in favore di quest'ultimo un'indennità risarcitoria pari a 22 mensilità e ciò - secondo la tesi della società ricorrente - in assenza di una logica motivazione, atteso che altri ex-dipendenti della medesima società, con maggiore anzianità, avevano ottenuto il riconoscimento di un'indennità minore.
La Corte, senza entrare nel merito delle motivazioni della Corte territoriale, ha rigettato il ricorso sottolineando come la riformulazione dell'art. 360 c.p.c., c. 1 n. 5 deve essere interpretata come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione della sentenza: l'anomalia motivazionale censurabile per legittimità si esaurisce pertanto nelle sole figure della "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", "motivazione apparente", "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualsiasi rilevanza del semplice difetto di "sufficienza di motivazione".
In forza di quanto precede non è stata quindi ritenuta soggetta a vizio di motivazione la sentenza impugnata, nella quale il Giudice aveva dato particolare rilevo, secondo il suo potere di valutazione discrezionale, alla condizione personale del lavoratore (separato e con un figlio), rispetto agli altri parametri "oggettivi" di cui all'art. 18 legge n. 300/70 (anzianità aziendale e dimensioni dell'azienda). (FA)