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DCV) L’ATTIVO DEL CONCORDATO È INSUFFICIENTE? CREDITORI IN CAUSA CONTRO IL GARANTE (Cass. Sez. Un. 18.05.2009 n.11396)

La Corte di Cassazione, con sentenza in epigrafe è stata chiamata a rispondere al “quesito” se la garanzia del terzo, destinata permanere in vita anche dopo la risoluzione del concordato preventivo e la dichiarazione del conseguente fallimento, sia escutibile ad opera del curatore nell’interesse unitario della massa o se legittimati a farla valere siano soltanto, individualmente, i singoli creditori preconcordatari.

L’organo di legittimità, richiamando precedenti pronunce, nonché la dottrina maggioritaria, ha ritenuto che la legittimazione spetti ai singoli creditori ammessi al passivo prima del concordato, in quanto: questi ultimi conservano il diritto di garanzia verso il terzo, poiché in mancanza di un’espressa previsione normativa, non ricorrono i presupposti della sostituzione processuale contemplata dall’art.81 c.p.c.; la legittimazione del curatore non è normativamente contemplata in alcuna fonte, né tanto meno trova fondamento nella “naturale funzione di tutore dell’interesse dei creditori tutti e nella conseguente titolarità delle c.d. azioni di massa”; né potrebbe esser invocata l’esigenza di assicurare il rispetto della par condicio creditorum, sia perché questa riguarda le azioni da esperire sul patrimonio del fallito, ma non esercitabili nei confronti di terzi, sia perché vi sarebbero masse di creditori posti sullo stesso piano.

Pertanto, la Suprema Corte, alla luce delle argomentazioni sopra esposte, ha enunciato il seguente principio di diritto: “In ogni caso di dichiarazione di fallimento conseguente alla risoluzione di un concordato preventivo accompagnato da garanzia prestata da terzi per l’adempimento delle obbligazioni assunte dal debitore, la legittimazione ad agire nei confronti del garante non compete al curatore del fallimento, bensì individualmente ai creditori che risultano tali sin dall’atto dell’aperture della procedura concordataria”

LCO

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