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(DL) LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO PER CONSEGUIRE UN MAGGIOR PROFITTO (Cass. civ. sentenza n. 23620 del 18 novembre 2015)

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23620 del 18 novembre 2015, è tornata a pronunciarsi sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo, affermando la legittimità del licenziamento finalizzato al raggiungimento di un maggior profitto.
La Suprema Corte, difatti, dichiara di non condividere l’indirizzo giurisprudenziale che afferma l'illegittimità del licenziamento finalizzato non ad evitare perdite economiche bensì a conseguire un maggior profitto, e dichiara di aderire a quell’indirizzo che all'opposto ritiene sufficiente a fondare la legittimità del licenziamento, la circostanza che, con la ristrutturazione dell'assetto organizzativo, realizzata con la soppressione di uno o più posti di lavoro, l'imprenditore abbia perseguito il fine di incrementare il profitto (Cfr. Cass. 1 agosto 2013 n. 18416).
Ed invero, sostiene la Corte, “al controllo giudiziale sfugge necessariamente anche il fine, di arricchimento o di non impoverimento, perseguito dall'imprenditore (anche nei casi in cui questo controllo sia tecnicamente possibile), considerato altresì che un aumento del profitto si traduce non, o non solo, in un vantaggio per il suo patrimonio individuale ma principalmente in un incremento degli utili dell'impresa ossia in un beneficio per la comunità dei lavoratori”.
Alla luce di quanto precede la Corte ritiene pertanto di cassare la sentenza della Corte d’Appello impugnata, la quale, rilevata l'assenza di prova del calo produttivo, aveva erroneamente ritenuto superflua la verifica dell'attribuzione ad altra dipendente delle mansioni prima affidate alla dipendente licenziata o comunque la redistribuzione delle mansioni tra il personale già presente o neo-assunto.



NP
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