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(DL) ILLEGITTIMA LA RICHIESTA DATORIALE DI PRODUZIONE DEL CERTIFICATO DEI CARICHI PENDENTI QUALE CONDIZIONE PER L'ASSUNZIONE (Cass. 17.07.2018 n. 19012)

La suprema Corte di Cassazione ha ritenuto, nella citata pronunzia, come sia illegittima la pretesa del datore di lavoro di acquisire il certificato dei carichi pendenti dell’ assumendo lavoratore, laddove tale produzione non integri un prerequisito richiesto espressamente dal CCNL di riferimento.
Sussisterebbe infatti il difetto di interesse alla conoscenza dell’ intera vita personale del soggetto da assumere stante sia il principio costituzionale di non colpevolezza (inconferenti quindi i carichi pendenti) che il vincolo dettato dall’ art 8 S.L. in ordine al divieto di indagini datoriali su fatti irrilevanti rispetto la valutazione dell’ attitudine lavorativa dell’ assumendo.
Gli Ermellini, obiter dictum, hanno così ritenuto “… corretta la rilevanza attribuita innanzitutto al dato letterale secondo il quale tra i documenti da presentare ai fini dell’assunzione vi è il solo ‘certificato penale di data non anteriore a tre mesi’. La disposizione predetta è assolutamente chiara nella sua formulazione e già solo questa circostanza esclude la necessità del ricorso al meccanismo dell’interpretazione integrativa integrando già un limite logico ad una interpretazione estensiva. Né è possibile attribuire all’espressione ‘certificato penale’ (che evoca il certificato di cui agli artt. 23 e 25 del T.U. sul casellario giudiziale di cui al d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313) un significato semantico suscettibile di plurime interpretazioni. In ogni caso si tratta di una disposizione che, condizionando (sospensivamente) l’assunzione alla presenza di determinati requisiti debitamente documentati, non può formare oggetto di interpretazione estensiva perché ciò si risolverebbe nell’introduzione di un limite ulteriore rispetto a quello che le parti contraenti hanno inteso prevedere. Ed infatti la richiesta del certificato penale integra un limite rispetto alla previsione di cui all’art. 8 dello Statuto dei Lavoratori (‘è fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi […] su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore’) che si giustifica con la rilevanza ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore della conoscenza di date informazioni relative all’esistenza di condanne penali passate in giudicato. Tale limite, in assenza di espressa previsione contrattuale, non può essere dilatato per via interpretativa fino a ricomprendere informazioni relative a procedimenti penali in corso (oggetto del certificato previsto dall’art. 27 del T.U. sopra citato), ciò specie in considerazione del principio costituzionale della presunzione d’innocenza.”
Se è ben vero quindi che le parti possono liberamente determinarsi nella volontà di perfezionare o meno il contratto di lavoro è del pari fermo il punto per il quale la disciplina per la formalizzazione del rapporto lavorativo risulta ordinariamente normata dal contratto collettivo anche per quanto precede (DG).