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(DS) LA CTU NELL’AMBITO DELLA RESPONSABILITA’ MEDICA (Cass. n. 31886 del 06.12.2019)

La Cassazione, con la pronuncia in commento, ha chiarito quali indagini può svolgere il consulente tecnico d’ufficio nell’ambito dei giudizi di responsabilità medica nonché le modalità di svolgimento dell’incarico. In particolare la Corte ha affermato: “(a) il c.t.u. non può indagare d’ufficio su fatti mai ritualmente allegati dalle parti; (b) il c.t.u. non può acquisire di sua iniziativa la prova dei fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione, né acquisire dalle parti o da terzi documenti che forniscano quella prova; a tale principio può derogarsi soltanto quando la prova del fatto costitutivo della domanda o dell’eccezione non possa oggettivamente essere fornita coi mezzi di prova tradizionali; (c) il c.t.u. può acquisire dai terzi soltanto la prova di fatti tecnici accessori e secondari, oppure elementi di riscontro della veridicità delle prove già prodotte dalle parti; (d) i principi che precedono non sono derogabili per ordine del giudice, né per acquiescenza delle parti; (e) la nullità della consulenza, derivante dall’avere il c.t.u. violato il principio dispositivo o le regole sulle acquisizioni documentali, non è sanata dall’acquiescenza delle parti ed è rilevabile d’ufficio”. I Giudici di legittimità, dunque, in primis evidenziano come il principio dispositivo non possa non valere anche per il c.t.u.. Questi non può esercitare la propria attività di indagine su fatti materiali che non siano stati preventivamente dedotti dalle parti né tanto meno a tale principio il consulente può derogare in base ad un ordine del giudice ovvero per acquiescenza delle parti.
La violazione del principio dispositivo determina la nullità della consulenza. Anche in merito ai chiarimenti che possono essere richiesti dal consulente alle parti, la Corte pone dei limiti: “i “chiarimenti” che il consulente può richiedere alle parti sono soltanto quelli idonei ad illuminare passi oscuri od ambigui dei rispettivi atti, e non possono comportare l’introduzione nel giudizio di nuovi temi di indagine “. Ulteriore limite è posto alle informazioni che il consulente può chiedere a terzi che “non possono trasformarsi in prove testimoniali, né avere ad oggetto documenti che era onere delle parti depositare (…) possono riguardare solo i fatti secondari e strettamente tecnici, e non i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione; oppure possono avere ad oggetto della veridicità dei documenti prodotti dalle parti”. Risulta allora chiarita dalla Corte di Cassazione con la sentenza in oggetto la portata della consulenza tecnica d’ufficio ed i relativi limiti. (AO)