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(A) OBBLIGO VACCINALE E RAPPORTO DI LAVORO. LA PROCEDURA DI LEGGE DA OSSERVARE

La procedura dell'art 4 del Dl 44/2021 (Decreto Covid) prevede determinate tempistiche non brevi prima che il datore di lavoro possa dare seguito all'eventuale sospensione dei lavoratori che rifiutano l’obbligo vaccinale così come previsto ex lege. Di seguito le fasi principali della complessa procedura:
1) gli ordini professionali devono inviare gli elenchi degli iscritti alle regioni e provincie autonome in cui hanno sede;
2) il datore deve inviare alla regione entro 5 gg dalla entrata in vigore del decreto gli elenchi del personale interessato;
2) entro i successivi dieci gg le regioni e provincie incrociano i dati pervenuti e verificano lo stato vaccinale del personale segnalando alle asl coloro che non risultano vaccinati;
3) ricevuta la segnalazione la asl invita l'interessato a produrre entri 5 gg la documentazione comprovante il vaccino o la intervenuta richiesta. In caso di richiesta di vaccinazione invita a produrre all'esito la documentazione. Se non riceve nulla invita formalmente l'interessato a sottoporsi al vaccino indicandogli le modalità ed i termini. Decorsi i termini assegnati inutilmente ne da comunicazione all'interessato, al datore e all'ordine professionale;
4) all'esito della comunicazione il lavoratore è sospeso dal diritto di svolgere la prestazione o mansione che implica contatto interpersonale o il rischio di diffusione
5) ricevuta la comunicazione il datore adibisce il lavoratore ad altre mansioni anche inferiori altrimenti se non possibile si può procedere alla sospensione anche della retribuzione.

In attesa del perfezionamento di questo iter procedurale, si può rinviare alle indicazioni che il Garante Privacy aveva in precedenza fornito sulla questione. Il Garante Privacy ha precisato, in specifiche faq, come il datore di lavoro non è in condizione di poter acquisire, neanche con il consenso del dipendente o tramite il medico competente, i nominativi del personale vaccinato o la copia delle certificazioni vaccinali. Ciò non è consentito né dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro né dalle disposizioni sull’emergenza sanitaria. Il consenso del dipendente non può costituire, in questi casi, una condizione di liceità del trattamento dei dati. Il datore di lavoro può, invece, acquisire, in base al quadro normativo vigente, i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica redatti dal medico competente. ll Garante aveva chiarito, che in attesa dell’entrata in vigore di una normativa legge che provvederà ad imporre la vaccinazione anti Covid-19 quale condizione per lo svolgimento di determinate professioni, dovranno applicarsi, nei casi di esposizione diretta ad “agenti biologici” durante il lavoro, come nel contesto sanitario, le disposizioni vigenti sulle “misure speciali di protezione” previste per tali ambienti lavorativi (art. 279 del d.lgs. n. 81/2008). In questi casi, solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario e il contesto lavorativo, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti. Il datore di lavoro deve quindi limitarsi ad attuare, sul piano organizzativo, le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità.
Pertanto in attesa che al datore di lavoro arrivino i dati ufficiali dalla Asl il medico competente può dunque ritenere eventualmente non idoneo al lavoro il singolo lavoratore valutando il rischio di esposizione ed all'esito il datore può decidere le misure da adottare. (EC)